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UN SAPORE DI RUGGINE E OSSA
(DE ROUILLE ET D'OS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 dicembre 2012
 
di Jacques Audiard, con Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Armand Verdure, Bouli Lanners, Céline Sallette, Corinne Masiero (Francia, 2012)
 
Melodramma? Come no, con situazioni del genere: Ali, un figlio di 5 anni ma senza soldi, senza casa, senza amici, costretto a frugare nei cestini del treno che lo porta verso il sud per sfamare l'adorabile ragazzino. Troverà un impiego da buttafuori, troverà soprattutto Stéphanie: bella, discretamente agiata, disinvolta, come non può non esserlo una domatrice di orche marine del parco acquatico di Antibes.

Ma il mélo non è un'indagine sociale, e le sue regole incombono. Dapprima vigile di sicurezza, quindi pugile clandestino il granitico ragazzone avrà presto da che medicare tante ferite del proprio corpo; in quanto alla solare Stéphanie, sarà proprio una delle sue fide orche a toglierle la gioia di vivere, imfliggendole una ben ingiusta punizione. Sarà allora perché Jacques Audiard aveva già filmato in SUR MES LEVRES (2001) un sorprendente, luminoso incontro fra una segretaria andicappata dell'udito e un giovane sbalestrato, sarà poiché viene da pensare ad un altro accostamento fra una donna del pugilato e il duro dal cuore tenero, quello celebre del MILLION DOLLAR BABY, quei riferimenti si fanno subito presenti. Ma il cinema non è fatto di temi. Come con Eastwood, l'attenzione al dettaglio essenziale, la sensibilità che ne deriva all'interno di uno stile apparentemente classico, la poesia che affiora progressivamente all'interno della storia di UN SAPORE DI RUGGINE E OSSA nasce dall'arte, segreta e impalpabile, di una regia magistralmente rivelatrice, anche perché mai ostentata. Dalla qualità di uno sguardo che riesce, con la delicatezza dell'ispirazione, a trascendere la normalità della realtà rappresentata.

Ali e Stéphanie si riprenderanno ambedue dalle loro tremende ferite, in una conquista esistenziale a prima vista impossibile, l'avevamo anche intuito. Ma Audiard riesce a farci vivere questo itinerario senza un'ombra del patetismo, della ridondanza sentimentale, dell'enfasi espressiva, che restano peculiarità, ma per strategie e finalità del tutto diverse rispetto ai capolavori del melodramma, quelli di Sirk o Fassbinder per intenderci.

Qui siamo all'opposto: se all'autore di UN PROPHETE riesce a farci partecipare. in tutta la sua incredibile fisicità, la sua esplicita, solare sensualità l'incontro progressivo fra la bella mutilata e la bestia finalmente intenerita è solo grazie alla commozione del tatto espressivo. Nel pudore di quel modo di scrutare il sorriso offuscato che volge alfine al fiducioso della meravigliosa Marion Cotillard, nell'osservazione così acuta della crescita umana del suo rapporto con la cocciuta, ma quanto salutare indifferenza di Matthias Schoenaerts (lanciato dal regista alla grande, dopo quell'altro immusonito, il Tahar Rahim di UN PROPHETE), nell'interesse per la personalità dei personaggi anche secondari, nell'adeguata seduzione del commento musicale, nella patina estetica di un respiro che sa essere di un'intimità sconvolgente senza rinunciare per questo al dialogo con ogni spettatore, c'è l'ombra avvincente e delicata di uno dei grandi cineasti, non solo di Francia.


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